IL PREMIO LUNEZIA SCOPRE E SPIEGA IL VALORE MUSICAL-LETTERARIO DELLE CANZONI ITALIANE

Concludere che certe canzoni non sono spiegabili è una spiegazione, ed è la prova del loro valore emozionale.
Resta che la sensibilità sui valori dell’arte-canzone ha bisogno di strumenti culturali.
Per questo la sensazione di emozione per una canzone varia con il variare del nostro retroterra culturale, anche scolastico.
Il Premio Lunezia, da quasi trent’anni, chiede che questo argomento abbia sempre più spazio nelle scuole. Un’educazione che permetterà all’umanità di essere più sensibile alle influenze positive di questa forma d’arte.

Stefano De Martino – Autore Premio Lunezia

IL VALORE MUSICAL-LETTERARIO

di Piji

Cos’è il valore musical-letterario?
Cosa contiene al suo interno questa locuzione ideata e proposta dal Presidente del Premio Lunezia Stefano De Martino fin dal 1996, anno di nascita della manifestazione?
In che modo unisce musica e letteratura? E perché può essere considerato un valore?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prima provare a rispondere a una domanda ancora più difficile: cos’è una canzone? O, meglio, cosa rende “canzone" una canzone?
Ogni arte ha un suo “specifico", un elemento chiave che rende quell’arte diversa dalle altre arti, un aspetto riassuntivo, il fulcro di una determinata disciplina. Nel cinema è sicuramente il “video", l’inquadratura. Perché altre caratteristiche del cinema possono essere: la storia, la trama, ma c’è anche nel romanzo; la recitazione, ma c’è anche nel teatro. Quindi è il video, il frame, l’inquadratura, la regia, probabilmente, lo “specifico" del cinema. Non è un caso che maestri assoluti di quell’arte siano considerati soprattutto i geni “visivi", mi vengono in mente Fellini e Kubrick, ad esempio.
E lo specifico della canzone qual è?
La canzone è un’arte terza.
Non è musica e non è poesia.
Ma è un’arte risultante da queste altre due arti.
Così come il colore verde, che nasce dal giallo e dal blu.
La saggistica e più in generale il racconto della canzone ha sempre avuto il difetto di guardare o troppo ai testi (saggistica e racconto dei cantautori) o troppo alla musica (saggistica e racconto del pop-rock). D’altronde non è mai facile parlare di musica. Qualcuno, forse Frank Zappa (ma forse no, non è chiaro chi lo abbia detto per primo), per spiegare quanto sia impossibile parlare di musica, disse: “Parlare di musica è come ballare di architettura”.
La frase è splendida, ma ogni tanto bisogna pur provare.
E pur volendoci assolvere tutti per le nostre analisi sbilanciate o sulle parole o sulla musica, il problema resta.
Perché un bel testo non è una bella canzone, è una bella poesia.
E una bella melodia non è una bella canzone, è una bella musica. Magari strumentale. Classica, jazz, o altro, ma non canzone.
E allora qual è dunque lo specifico della canzone?
È un qualcosa che tenga presente entrambe le due metà da cui la mela è composta, ovvero l’intreccio tra esse, l’incrocio dei due 50%, l’equilibrio tra le due arti genitrici: musica e letteratura.
Questo è ciò che qui chiamiamo “Valore musical-letterario”, parametro che accompagna il Premio Lunezia da sempre.

E, precisando ancora, potremmo usare questa dicitura con tre accezioni diverse. O meglio, con una sola accezione, ma a tre gradi di approfondimento, tre marce, tre velocità.
Le sintetizzerei così:

  1. VALORE MUSICAL-LETTERARIO (“GENERALE”)
  2. VALORE MUSICAL-LETTERARIO (“INTRECCIO MUSICAL-LETTERARIO”)
  3. VALORE MUSICAL-LETTERARIO (“ATOMO MUSICAL-LETTERARIO”)

1
VALORE MUSICAL-LETTERARIO (“GENERALE”)

Somiglia a ciò che abbiamo appena detto. Ovvero significa che è bene considerare, ascoltare, analizzare la canzone mai dimenticando che essa è composta da due metà di eguale importanza.
Che giudicare una canzone solo da quanto sia bella e fischiettabile la sua melodia o solo da quanto sia bello e interessante un suo testo è un modo decisamente parziale e incompleto di “leggere” l’arte canzone.
Il Premio Lunezia ed il “valore musical-letterario” cercano da sempre di riunire le due facce di quest’arte rendendole un tutt’uno.

2
VALORE MUSICAL-LETTERARIO (“INTRECCIO MUSICAL-LETTERARIO”)

Qui si entra più nel tecnico. Secondo questa seconda “velocità", il valore musical-letterario misura quanto, in un’opera canzone, sia riuscito l’intreccio consapevole tra poesia e musica. Il testo è coerente con la musica? I due 50% dialogano bene? Le due metà  flirtano nel migliore dei modi? Gli argomenti trattati nel testo hanno una rispondenza diretta con il vestito musicale scelto e viceversa?
Con questo non si vuol intendere che se la musica fosse un tango, il testo debba necessariamente parlare di passione o gelosia o stare dentro i cliché del tango, figuriamoci, ma più in senso lato, ci si domanda: le parti sono vicendevolmente “intonate"? Le due facce, musica e letteratura, lavorano consapevolmente insieme, magari anche bisticciando ma sempre consapevolmente? C’è un buon intreccio?
Per essere ancora più precisi, gli autori (o l’autore) hanno soltanto giustapposto un testo qualsivoglia a una musica qualsivoglia (magari lo stesso testo poteva avere tutta un’altra musica) o sono riusciti ad amalgamare bene i due ingredienti rendendoli inscindibili l’uno dall’altro?

3
VALORE MUSICAL-LETTERARIO (“ATOMO MUSICAL LETTERARIO”)

Quest’ultima velocità  è la più “strong" perché è ancora più tecnica, quasi esclusivamente per addetti ai lavori, ma forse non solo.
Zoomando ancora, quasi al microscopio, secondo questa terza “velocità" di accezione del valore musical-letterario, s’intende verificare se l’intreccio consapevole di cui sopra non sia riferito solo al livello macro, ma anche nel micro.
Si va sulla nota singola e sulla singola sillaba di una parola.
Ovvero l’atomo di una canzone.
Questo atomo è effettivamente inscindibile?
La sillaba è ben sonorizzata da quella nota?
E su quella nota si appoggia bene quella sillaba?
Non stiamo parlando solo di accenti (che pure è una parte molto visibile di questa questione, saper azzeccare l’accento in italiano con l’accento di una melodia oppure disattenderlo consapevolmente, ma comunque non lasciare questo aspetto alla casualità ), ma anche di fonetica più in generale e di pronunciabilità , cantabilità , fluidità  della suddetta sillaba nell’incastro con la suddetta nota. Una melodia di 3 note dovrebbe riuscire a corrispondere a 3 sillabe (sembra scontato dirlo, ma non lo è, molto spesso per far tornare il senso di un testo, la metrica delle parole si allarga e si stringe in maniera poco controllata). Ma non solo. Le nostre 3 note potrebbero far star bene la parola “Na-po-li", ma magari far appoggiare male la parola “Ge-no-va" a seconda del contesto di rime e assonanze. Ma anche più specificatamente di vocali e consonanti singole, che talvolta “suonano" e talvolta no. A seconda del contesto, la “G" di Genova potrebbe suonare malissimo mentre la “N" di Napoli suonare benissimo. La stessa identica cosa si può dire ragionando al contrario, ovvero che la parola “Genova" sta bene con quelle tre note, ma se ne metti altre tre può sposarcisi ancora meglio.
Sembra un discorso da piccoli chimici o solo per addetti ai lavori.
Ma la verità  è che da questi piccoli e piccolissimi dettagli si vedrà  una grandissima differenza di fluidità  in una canzone ben riuscita o mal riuscita.
Con un po’ di allenamento tutto ciò può essere valutato spontaneamente e naturalmente, senza alambicchi o stregonerie matematiche specifiche. Chi è abituato a scrivere canzoni lo fa perfino senza accorgersene. Mentre quando questo lavoro non è fatto o è fatto male, la canzone rischia di zoppicare anche per un pubblico che non conosce queste dinamiche, ma che sentirà  un po’ macchinoso il tutto, magari senza neanche sapere perché. 

CONCLUSIONI

In conclusione il valore musical-letterario è a mio parere un’intuizione rivoluzionaria anche perché rende completamente “laico” il giudizio sui brani.
Si può essere dei grandi intellettuali e scrivere un testo stupendo e magari anche lavorare a quattro mani con un genio musicale che scrive una strepitosa melodia. Eppure il risultato potrebbe essere una pessima canzone.
Proprio così, l’intreccio di due parti che separatamente sono bellissime, se è fatto male, potrebbe diventare una pessima canzone.
Così come, viceversa, si può scrivere il testo più sempliciotto del mondo e la melodia più sempliciotta del mondo, ma se poi l’intreccio è perfetto, ne può venire fuori una canzone
meravigliosa.
Prova ne siano il fatto che se pensiamo a tantissime “canzonette” pop o a tante altre “nobilissime” canzoni d’autore, troveremo sempre, per ognuno degli ambiti, canzoni bellissime e bruttissime, a seconda dei casi.
Anche canzoni di contenuto semplicissimo hanno fatto, talvolta, la storia della canzone.
Anche canzoni di contenuto altissimo hanno fatto, talvolta, pena.
Il valore musical-letterario ci insegna anche questo.
Ad essere laici.
Perché quando c’è un buon amalgama tra le parti, c’è sempre una bella canzone.
E viceversa, purtroppo.
E il “valore musical-letterario” sarà sempre un buon misuratore di tutto ciò.

Piji

La Canzone: l'arte orizzontale

Pagine nuove del Premio Lunezia sul valore delle Canzoni

A cura di Paolo Talanca, Antonio Piccolo, Alessandra Arcoraci e Stefano De Martino.

“Non si sa se sia nata prima la ciotola o la canzone.
Probabilmente, è nata prima la ciotola,
ma subito dopo è nata la canzone per celebrarla.

Tom Waits

Qual è la colpa che sta scontando la Canzone per essere ancora oggi giudicata dai più un’arte minore? Quasi fosse buona solo per passare il tempo e destinata a non lasciar tracce in profondità, quasi non si prendesse mai atto delle resistenze che mostra nel farsi dimenticare. Che cos’è che la svaluta rispetto alla letteratura? Cos’ha in meno dell’arte figurativa, del cinema, della danza o del teatro?

L’arte è spesso apparsa come un privilegio, destinata ad una casta che aveva gli strumenti per comprenderla o fingere di comprenderla. La Canzone, invece, con la sua sfuggevolezza e la capacità di imporsi al ricordo del ricco come del povero, del colto come dell’ignorante, è stata di fatto relegata ad un ruolo di intrattenimento ordinario, perché, in un certo senso, gradevole per tutti ma considerevole per pochi.
Non le sono necessari, per esempio, gli sforzi metodici che richiede un romanzo per farsi memorizzare, né l’attenzione di cui hanno bisogno la danza ed il teatro, nemmeno quella serie di conoscenze che ci permettono di apprezzare e interpretare dipinti e sculture. E tuttavia, proprio ciò che sembra mancarle nel confronto con le arti “maggiori”, ad un’analisi più approfondita, appare come il suo punto di forza: la Canzone è un’arte orizzontale, si posa leggera su chiunque la ascolti senza scegliere preventivamente una platea.

La Canzone viaggia comoda sulle lunghe distanze quanto su quelle brevi, può avere indifferentemente un pubblico di massa, di nicchia o di singoli.
Non esiste nella scrittura, prende vita solo durante l’esecuzione e coinvolge inevitabilmente anche l’ascoltatore più inconsapevole. Si presta facilmente ad essere riprodotta da altri interpreti attraverso versioni integrali o parziali e, grazie alla sua ripetibilità, si memorizza senza che il fruitore si sia posto questo scopo. Anzi, ha spesso una capacità di coinvolgere lo stesso fruitore rendendolo direttamente partecipe.

L’ascoltatore può infatti cantarla “insieme” all’autore, conquistando una parte attiva e generando un senso di condivisione sconosciuto alle altre arti. Gioca contemporaneamente sulla sponda razionale, attraverso il testo, e su quella emotiva, con l’immediatezza tipica del linguaggio musicale, incide alternativamente o simultaneamente sul conscio e sull’inconscio dell’ascoltatore a seconda della sua predisposizione , della sua conoscenza o della sua cultura.

“Se un uomo si ritrova con del pane in entrambe le mani, dovrebbe scambiare una pagnotta con una canzone; perché il pane nutre il corpo, ma le canzoni nutrono l'anima.

Tom Waits

Essere un’arte orizzontale non rende la Canzone superiore o inferiore alle altre arti, ci obbliga, piuttosto, a dedicarle finalmente l’attenzione che merita, coniando particolari parametri che consentano di valutarla come forma d’arte assoluta, senza prendere in prestito, a turno, quelli della musica strumentale o della poesia.
Il valore musical-letterario individuato dal Premio Lunezia, vuole sottolineare la dignità di quest’arte, e la necessità di uno studio esclusivo e dedicato, che possa meglio valorizzare quell’alchimia tra parole e musica che alla fine produce qualcosa di completamente diverso dagli elementi originari, e che assume, di fatto, natura propria.
Inoltre, oggi che la sua riproducibilità è aumentata e il suo impatto socio-politico è tale da poter influenzare tendenze e arricchire il linguaggio, sarebbe opportuno farne oggetto d’indagine sociologica.

La Canzone è comunicazione che diventa arte. Un fenomeno emotivamente straordinario, compresso in pochi istanti, e che in certi casi sembra colpire e coinvolgere tutte le molecole del nostro corpo. Certe canzoni hanno il dono misterioso, affascinante e unico, di poter essere godute all’infinito senza temere la ripetitività.
Una storia millenaria, iniziata con i canti agli dei e alla natura; una storia spesso raccontata attraverso la trasmissione familiare, costellata di brani che continuano a farci emozionare, anche da lontano.
Potrà tutto questo bastare affinché alla Canzone venga riconosciuta la considerazione che merita ?

Il decalogo del Patron

L'arte della canzone, il decalogo del Patron

  • La canzone è una forma d’arte ancora sottovalutata
  • La canzone è terapia per l’umore
  • La canzone contemporanea e quella dell’ultimo secolo sono espressione artistica di eccellenza
  • Dalla scelta di una o più canzoni si può percepire la “vocazione” emotiva di una persona e quindi altre intimità
  • La canzone può creare empatia e può migliorare la qualità delle relazioni fra le persone attraverso la condivisione di emozioni
  • La canzone fa tendenza e vocabolario, genera nuovi modi di esprimersi nel dialogo comune e può influenzare i comportamenti
  • La canzone, tra le forme di espressione artistica, è ad alta capacità di ripetersi e, misteriosamente, non stanca mai
  • La canzone oltreché cantata può essere detta, letta, raccontata; la può leggere ed interpretare chiunque, professionista o dilettante, ed in entrambi i casi mantiene le sue peculiarità
  • La canzone, se strumentalizzata e adattata, può influenzare gli orientamenti politici e morali di un popolo
  • La canzone è una forma d’arte che viene dal cuore ed al cuore ritorna direttamente senza intermediazioni, è una modalità di comunicazione universale che mal si concilia con valutazioni elitarie o gerarchiche: chi vuole applicare tali parametri “sporca” la canzone, la rende fungibile con ogni altra cosa materiale

Progetto scuole pubbliche

Inserire i testi dei cantautori nei programmi di studio delle scuole italiane: l'argomento è sempre attuale.

Che il mondo accademico abbia aperto le porte alla canzone e ai cantautori non è un segreto.
In generale, però, gli studi più strutturati che riguardano la cosiddetta popular music si occupano delle opere musicali pensate in funzione di un’ampia diffusione mediatica, per mezzo dei media ‘esplosi’ nel Novecento. Ma altra cosa è la letteratura. Altra cosa è il fatto di concepire la possibilità che i testi delle canzoni possano essere letteratura. Quest’ultimo aspetto è sempre stato visto con scetticismo dal mondo accademico.

Noi del Premio Lunezia crediamo che si debba tornare a concepire ciò che ogni poeta degno di chiamarsi tale sa alla perfezione: la musica da sola basta a se stessa; la parola invece è – anche se letta con gli occhi –, inscindibile dal suono, quindi dalla musica, per questioni culturali ed esperienziali.